Cristiano Giuntoli, direttore sportivo, ai microfoni di Sky Sport ha raccontato il suo lavoro a Napoli, dai primi tempi ad oggi. Ecco le sue dichiarazioni:
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Giuntoli: “Resto a Napoli. Non credevo all’arrivo di Ancelotti, Sarri mi manca. Ecco come convinsi Milik”
Giuntoli: "Resto a Napoli. Non credevo all'arrivo di Ancelotti, Sarri mi manca. Ecco come convinsi Milik".
"Sono nato nel bar di mio nonno, dove chiaramente si mangiava pane e calcio sin da bambini. Poi piano piano questa passione si è sviluppata trascurando quella che era la volontà reale della mia famiglia, ovvero lo studio. Volevano che studiassi, che diventassi un dottore o un architetto.
Invece la mia volontà era forte, ed era quella di andare verso il calcio. Non avevo grandi doti, però la grande volontà ha fatto sopperire a tanti miei deficit fisici e tecnici. Per ovvi motivi le mie categorie di appartenenza sono state basse, i dilettanti o al massimo la Serie C. Mentre giocavo facevo anche l'allenatore del settore giovanile: avevo aperto una scuola calcio internazionale, mi divertivo a fare i camp in tutto il mondo. Ho ritrovato un articolo del 1996, avevo 24 anni: non lo ricordavo nemmeno, diceva che la mia grande aspirazione era quella di fare il dirigente sportivo. È nata così".
Che tipo di direttore sono? "Non mi godo mai il presente: è un mio limite, devo cercare di lavorare meglio su me stesso. Chiamo i miei collaboratori anche alle tre e mezza di notte. Quando mi viene in mente una cosa, quello è il momento giusto".
Su Schick: "Lo vidi in una partita che sembrava scapoli contro ammogliati, su un campettino di periferia di Serie B. Vidi questo ragazzo, stavo ospitando il mio braccio destro Giuseppe Pompilio e lo andai a svegliare alle tre di mattina e gli dissi "Guarda Beppe, ho visto un giocatore forte""
De Laurentiis?: "Il presidente spesso mi chiama la mattina presto. Vive i confronti con un occhio di riguardo speciale, mi tratta come un figlio e mi ha accolto nella sua famiglia. Una famiglia splendida. Con me non è mai stato arrogante, non ha mai alzato la voce, ha sempre un grande approccio nei miei confronti. Prima telefonata per andare al Napoli? Stavo andando a vedere una partita di playoff di B, mi chiamò l'amministratore Andrea Chiavelli: mi chiamarono e mi chiesero un incontro. Pensai che potesse interessargli qualche giocatore mio, avevo degli impegni e dissi "Se non è un problema, magari ne parliamo la settimana prossima". Risposero: "No, no, noi abbiamo fretta, ti vogliamo incontrare domattina". Chiesi il motivo: "Dobbiamo parlare del Napoli, siamo interessati a lei". Non sapevo se fermarmi in autogrill o da un'altra parte, non capivo più niente: chiaramente dissi di sì".
Sul cinema: "De Laurentiis non sa che sono appassionato di cinema, il presidente è una persona che capisce soprattutto di uomini. Però quello è un campo in cui non mi voglio addentrare, non è una possibilità che mi sono giocato con lui".
Lasagna? "Per Kevin ebbi una soffiata, quando ero al Carpi non è che avessi così tanti scout come li ho adesso, una struttura come quella che ho al Napoli. C'era questo video, notai che uscì dallo schermo tanto che era veloce. Ebbi subito una sensazione, il giorno dopo lo feci venire a firmare. Lo presi subito, era tipo febbraio o marzo, sono stato anche fortunato".
Il mio staff? "Abbiamo cinque osservatori, ci dividiamo i compiti video e poi si vanno a vedere i giocatori in maniera mirata. Poi incrociamo tutte le nostre informazioni, via via che arrivano, anche sul gruppo Whatsapp che abbiamo: è facile ed è comodo. Non ho molto tempo per vedere un calciatore dal vivo, sono perso per la squadra".
Su Sarri: "Provai a prenderlo al Carpi, non arrivò perché non trovammo un accordo sui suoi collaboratori: i soldi erano pochi, lui era stato esonerato dal Perugia, fu un discorso che mi colpì. Lo conoscevo dai tempi del Sansovino, dopo un paio di ore di colloquio ci confrontammo su mille situazioni. Lui mi disse: "Io non vengo, ma te arrivi in Serie A". Quel giorno in cui trovai l'accordo col Napoli e decisi di venire, il presidente aveva due-tre situazioni e tra queste il più papabile per lui era proprio Maurizio. Sposai in pieno questa idea per ovvi motivi, ci conoscevamo da una vita e c'era anche questo aneddoto: non so se il presidente ne fosse a conoscenza".
Chelsea? "Ci sentiamo spesso, lui ha bisogno di una persona di fiducia che fa da cuscinetto con la società e con lo spogliatoio. Ma come penso tutti gli allenatori. È una persona straordinaria. Poi ho la fortuna di lavorare con Carlo Ancelotti: mi sta dando grandi soddisfazioni, grande bene e grande amore. Sarri non mi manca come allenatore ma come uomo sì, perché no?"
Su Ancelotti: "Siamo una grande coppia, abbiamo vinto cinque Coppe dei Campioni in due (ride, ndr). Lui è molto, molto sicuro: si dice che sia così perché ha vinto, in realtà lui ha vinto perché è sicuro. Mi ha trasmesso tanto, è stata una intuizione incredibile del presidente. Non ci credevo al suo arrivo, nel senso che non pensavo che un allenatore di quel livello potesse accettare Napoli con tale entusiasmo. Invece ha sposato in pieno la causa, la città, sta benissimo a Napoli, si è inserito benissimo nel nostro contesto. Ci ha aiutato e ci aiuterà a crescere".
Su Cavani: "Non credo che l'arrivo di una certa categoria di giocatori faccia parte della filosofia del club, la sua forza è quella di avere calciatori sempre con nuove motivazioni, di avere nuovi Cavani".
Fabiàn Ruiz? "Lo si voleva prendere già a gennaio, non fu possibile ma riuscimmo comunque ad ottenere una promessa da parte del procuratore e dello stesso ragazzo. La cosa strana è che Carlo, quando arrivò, me lo chiese e lui era l'unico calciatore che avevamo firmato. È stata una coincidenza incredibile. Rimanemmo stupiti, perché era l'unico che avevamo firmato per l'anno dopo".
Milik? "Lo portai a Capri, perché se l'avessi fatto venire qui (Castel Volturno, ndr) avevo paura potesse avere un contraccolpo. Gli dissi che stavamo facendo dei lavori, che peraltro era vero, e lo portai a Capri".
Rimpianto di calciomercato? "Forse Tolisso: lo avevevamo chiuso, lo aspettavamo per le visite mediche. Poi l'Olympique Lione passò i preliminari e passò in Champions League, ed il ragazzo decise di rimanere lì all'ultimo. Poi è andato l'anno dopo al Bayern Monaco: da una parte c'è soddisfazione, dall'altra una sensazione di grande dispiacere".
Ronaldo alla Juventus? "Ci è stato proposto, abbiamo un grande rapporto con Jorge Mendes dai tempi di Faouzi Ghoulam e del suo rinnovo di contratto. Abbiamo rapporti costanti, ci sentiamo spesso e fu proposto. Per noi però era un po' fuori portata. Lo disse sia al presidente che a me, io rimasi un po' zitto: poi quando andammo nei particolari, ci rendemmo conto che per noi era una operazione fuori portata".
Juventus? "Secondo me in questo momento è la squadra più forte d'Europa, che mettersela dietro sarebbe un sogno. Però se io penso che se ce l'ho fatta con il Lecce quell'anno, allora posso farcela anche con la Juve. È una cosa difficilissima, ma noi ci dobbiamo e ci vogliamo credere".
Rinnovo contrattuale? "Me l'hanno proposto. Siamo molto vicini, sono contento di rimanere, mi trovo benissimo a Napoli e con la proprietà, con Carlo non ne parliamo nemmeno. Molto probabilmente firmerò. Sono uno che lavora con il cuore e con passione, talmente tanto che ho dimenticato per anni la mia vita privata. L'amore è una strega, non sai mai quando ti dà la pozione magica".
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