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Gianello: “Vi spiego l’accusa di omessa denuncia. Samp-Napoli? Fu colpa di una battuta”

Gianello: “Vi spiego l’accusa di omessa denuncia. Samp-Napoli? Fu colpa di una battuta”

Gianello: "Vi spiego l'accusa di omessa denuncia. Samp-Napoli? Fu colpa di una battuta". Le parole

Redazione

Matteo Gianello, ex calciatore del Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni ad "Antidopin"g, trasmissione in onda sulla RAI. Ecco quanto detto:

"Ho iniziato a giocare a calcio a 8 anni e scelsi il ruolo di portiere per pigrizia, non mi piaceva correre. Rispecchia anche il mio carattere quel ruolo: sono un tipo solitario. Noi calciatori viviamo in una bolla di vetro, crediamo di essere al centro del mondo: siamo su tutti i giornali, le telecamere entrano negli spogliatoi e siamo degli idoli per i tifosi. Allo stesso tempo, però, siamo fragili e veniamo affiancati da persone che vogliono il nostro male e non il nostro bene. L'accusa di combine mi raggiunge quando ero in vacanza, mi chiama un dirigente del Napoli e mi dice di andare al Ministero della Repubblica per delle domande. Venni accusato di aver combinato una partita, il colloquio durò 7 ore. Ammetto di aver fatto la battuta, di aver detto di andare a far vacanza per il pari in quel Sampdoria-Napoli. Poi mi vengono mosse accuse su conoscenze con figli di boss etc, cose utopistiche. Esco dal colloquio con un accordo verbale col Napoli per il rinnovo. Gli azzurri però non si fanno più sentire e resto nel limbo aspettando il procedimento penale. Passa un anno e vengo chiamato in Procura Sportiva per essere ascoltato. Anche lì ho ammesso questa mia battuta e ammetto che ero stato contattato da alcuni scommettitori per truccare questa partita. Poi è partito il processo a dicembre e fui condannato per omessa denuncia e per slealtà sportiva. L'omessa denuncia è legata al fatto che non avevo denunciato gli scommettitori che mi avevano contattato. Durante la squalifica di 20 mesi ero molto dispiaciuto soprattutto per i miei cari. Sono stato giustamente allontanato dal mondo del calcio, in queste situazioni non ci sono amici: si fanno tutti da parte. In quel periodo è nata mia figlia e questo mi ha dato forza. Il calcio era diventato uno schifo, non riuscivo a seguire nemmeno il calcio inglese. Mi sentivo sempre gli occhi addosso, anche in casa. Mi ha portato quasi alla depressione, vieni identificato come un delinquente. Mi sono sentito come una goccia in un oceano".