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Doveva essere una giornata di festa. Una di quelle da vivere con l’adrenalina sportiva in corpo.

Doveva essere una giornata di festa. Una di quelle da vivere con l’adrenalina sportiva in corpo.

Doveva essere una giornata di festa. Una di quelle da vivere con l’adrenalina sportiva in corpo. E così fu per quasi tutto il dì. Tifosi azzurri e Viola organizzati e gioiosi si avvicinavano allo Stadio Olimpico. Si dirigevano...

Redazione

Doveva essere una giornata di festa. Una di quelle da vivere con l'adrenalina sportiva in corpo. E così fu per quasi tutto il dì. Tifosi azzurri e Viola organizzati e gioiosi si avvicinavano allo Stadio Olimpico. Si dirigevano in quei famosi punti di raccolta stabiliti dalla Questura. Ragazzi ma anche tante famiglie, bambini eccitati e tifosi sereni. Tra questi, anche lui, Ciro Esposito, uno di quei tifosi che il Napoli ce l'hanno nel sangue. Doveva essere una partita come le altre per lui: la trasferta, i cori, qualche sfottò, le mani alzate. Ma così non fu perchè Daniele De Santis, un "tifoso" romanista, decise di far partire un colpo di istola al suo indirizzo.

Sono passati tre anni da quel fatidico tre maggio, un giorno che molti ricorderanno: una serata, quella dell'Olimpico, dall'atmosfera surreale. Le notizie confuse che si susseguono, i calciatori in attesa di capire se giocare il match, i giornalisti chiusi in uno stadio che aveva isolato tutti dal mondo esterno. Poi la conferma di ciò che era accaduto. Lo sconforto, la festa per la Coppa Italia rinviata, e il calvario di una madre, di una famiglia, di una intera città, che cominciò proprio quel giorno.

Napoli e i napoletani non hanno dimenticato Ciro, gli omaggi al suo indirizzo sono numerosi, e la madre, Antonella Leardi, si batte da allora per tener vivo il ricordo di suo figlio, un ricordo che sia da monito e da memoria per il futuro. Per promuovere quella filosofia della non violenza che tanto serve a questo sport.

REDAZIONE - Roberta Savarese