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Boniek: Milik, attaccante moderno

Boniek: Milik, attaccante moderno

Milik, attaccante moderno gioca e segna in tutte le maniere

Redazione

Arkadiusz Milik ha realizzato la sua ennesima doppietta abbagliante Zibì Boniek, il suo presidente federale, che s’è goduto stropicciandosi gli occhi e ripensando a ciò che sia la Polonia oggi, esteticamente, calcisticamente.

Milik ha preso a spallate la sfortuna.

«I suoi due gol di domenica confermano le capacità di saper segnare in qualsiasi maniera: su palla ferma, in movimento, di potenza, di eleganza, da dentro l’area o anche da fuori, di testa. Ha avuto due stagioni disgraziate e quando è tornato ha trovato davanti a sé un centravanti, Mertens, che faceva caterve di reti. Lui è stato buono, ha aspettato».

Ha fatto panchina e poi si è ripreso quello che era suo, verrebbe da dire (con ironia).

«Adesso non è un valore solo chi gioca dall’inizio ma anche quello che entra. E’ un mondo diverso dal mio, ovviamente, sono mutate le condizioni generali, si gioca sempre, ogni tre giorni, e devi avere la testa per saper gestire le situazioni».

Piatek è straordinario nel suo rendimento.

«Sorprendente per il modo in cui si è imposto in Italia, subito e in due club diversi. Come Lewandowski, come Milik, vede la porta, la sente, conosce ogni strada per poterci arrivare, sfruttando le scorciatoie attraverso quel fiuto che è innato. Sono uguali in questo».

Milik ne ha fatto quindici finora eppure per convincere Napoli...

«E ne segnerà ancora tanti. E’ un attaccante che, fosse sul mercato, finirebbe per rappresentare un affarone. Uno di quei colpi che farebbero rumore, perché per me uno come lu avrebbe una valutazione mostruosa. E ricordiamoci che è ancora un ragazzino di 25 anni che per due campionati è stato fermo».

Lo accostano a Dzeko...

«Milik è Milik e un giorno sarà lui a diventare un termine di paragone».

Avete una generazione di talenti e il Napoli se ne è presi due dalla Polonia: se Zielinski si renderà conto di quanto sia forte....

«Non glielo diciamo, ma io ho un debole per lui. Lo conosco da quando aveva sedici anni, l’ho visto bambino e ora che è uomo mi incanta sempre di più».

Dipende da lui, dalla sua capacità di sentirsi fuoriclasse.

«Ha un orientamento delle giocate come raramente si vede, padronanza del corpo e del palleggio e della finta con lo stop che ti lascia senza fiato. Io non ne ricordo altri così, non contemporanei, però non glielo scriviamo. Anzi, sì: è talmente un bravo ragazzo, che finirà per non prendermi sul serio».

CDS