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Bologna, Bigon racconta: “Una volta a Napoli mi dissero moccioso raccomandato, difficile essere figlio di qualcuno”

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Riccardo Bigon, direttore sportivo del Bologna, al Foglio Sportivo ha ripercorso alcune tappe della sua carriera. Il dirigente ha parlato anche delle difficoltà di affermarsi avendo un cognome pesante, del quale ha avvertito ripercussioni nel...

Sabrina Uccello

Riccardo Bigon, direttore sportivo del Bologna, al Foglio Sportivo ha ripercorso alcune tappe della sua carriera. Il dirigente ha parlato anche delle difficoltà di affermarsi avendo un cognome pesante, del quale ha avvertito ripercussioni nel periodo napoletano.

Riccardo Bigon e il passato

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Di seguito alcune delle sue dichiarazioni: "Sono cresciuto con la mentalità del classico lavoratore veneto, lavora e fai, tira su le maniche e fai. A me e mia mamma Valeria non ci è mai mancato nulla, ma non abbiamo mai avuto la Ferrari, papà girava con una Regata, al massimo col Golf. La mia prima auto fu una Fiat Uno, me la comprò papà. Il valore dei soldi l’ho sempre avuto e l’ho tenuto stretto, il telefono lo cambio quando si rompe, non sono mai entrato nel consumismo. E il giro di soldi che vedo nel nostro mondo, nel mondo del calcio, di cui in parte usufruisco anch’io, mi tocca dentro. Sono sempre stato il figlio di Bigon, a scuola, quando andavo a giocare a pallone. Ah, sei il figlio di Bigon. A Napoli una delle prime partite mi scrissero: ‘Moccioso raccomandato non sei degno di parlare del nostro passato’. Ma la verità è che un padre del genere ti fa vedere chi sei. Una volta, anni dopo, un giornale pubblicò una foto di me e mio padre. La didascalia diceva: ‘Albertino papà di Riccardo’. Bene. Secondo obiettivo raggiunto. A lui ho rubato la capacità di gestire le cose."

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