Se n’è volato via un trimestre e al centesimo giorno da Carlo Ancelotti made in Napoli la letteratura personale s’è decuplicata, sfilando via leggere sotto sopracciglia raramente insofferenti e in quel caos metropolitano che non sa di Parigi e né di Londra, né di Madrid e neanche di Monaco in Baviera, ma è un bagliore accecante e che traccia un orizzonte nel quale perdersi. «La mattina mi sveglio e vedo Capri. Cos’altro vuole che chieda a me stesso?».
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Ancelotti cento giorni a Napoli: «Mi sento in paradiso»
«La mattina mi sveglio e vedo Capri. Cos’altro vuole che chieda a me stesso?
E’ stato bello, anzi bellissimo, un tour meraviglioso vissuto nel calcio per contribuire alla Storia: ma il 10 luglio, in quell’alba d’una esistenza tutta nuova e da scoprire, il Benvenuto al Sud se lo diede da solo, a modo suo, sbaragliando l’aria da quelle insinuazioni avvertite qua e là e germogliate nella penombra di tastiere rancorose verso il mondo. «Ho scelto Napoli per vari motivi: perché voglio scoprire questa città, che è ricca di passioni; perché c’è un progetto societario serio; perché ci sono filosofie interessanti e calciatori di valore che mi piacciono». Perché in questa vita da Ancelotti ci fossero anche sensazioni inedite, come quelle dei bambini quando giocano per strada, le cartelle ammassate sul marciapiede, e un’Idea favolistica da andare ad accarezzare: «Io qui mi sento da dio e stare a Napoli è come stare in paradiso».
CDS
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