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Spalletti può godersi il successo: Napoli gli è entrata dentro e lui ne ha scritto la storia

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Il tecnico azzurro ha scritto la storia del club in due anni affidandosi per sempre alla gloria di questa città e della società
Sara Ghezzi

Sembrava un sogno non più realizzabile, sembrava che senza un dio in campo gli essere umani vestiti d'azzurri non potevano riconquistare il tricolore e invece è arrivato Luciano Spalletti. Il tecnico arrivato a ricostruire un rapporto spezzato tra squadra e città. Il suo compito reso ancora più difficile da un passato che ogni tanto gli presenta il conto, ma fin dalla prima conferenza stampa ha messo in chiaro quale era il suo obiettivo. Ora finalmente può godersi ciò che merita, la gloria, perché ha permesso a Napoli di tornare a brillare e ad esultare e ciò questa città non lo dimenticherà mai. Ne ha parlato anche l'edizione odierna de Il Corriere dello Sport. A seguire quanto evidenziato dalla www.

Spalletti può godersi il successo: Napoli gli è entrata dentro e lui ne ha scritto la storia

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"Chissà come aveva immaginato questa sera tutta per sé, se mai l’aveva sistemata tra i propri pensieri, se ne aveva il tempo, se gli era scappata via la speranza: però ci aveva creduto, certo che sì, e non volendo dare sfogo alla fantasia per quelle umane contromisure che a volte gli uomini sfruttano per non ritrovarsi travolti dal destino infame, Luciano Spalletti aveva tenuto nascosto tra i filari di viti quella folle idea. «Se vieni a Napoli non puoi che farlo per vincere. Questa era l’unica mia via d’uscita». In questa visione onirica, un trattato sulla felicità infinita, Luciano Spalletti ha sistemato la propria natura, quell’estro genialoide che ora luccica e si riflette nelle lacrime che solcano le guance di Napoli, arrivata sino a Udine oppure no, travolta dalla follia che ha generato per i vicoli che lo hanno conquistato e su quel Lungomare che lo ha incantato. Non sospettava, probabilmente, di poter arrivare a tanto, una specie di Paolo Sorrentino del football, e la Grande Bellezza che ha abbagliato, che si è sistemata emotivamente al fianco di Diego, è la sintesi di quell’esistenza, ribelle e istrionico, scherzoso e rigoroso, semplicemente anticonformista. «Dicevano che avevo un carattere difficile ma evidentemente non è così». Napoli gli è entrata dentro, subito, e Spalletti ha saputo conquistarla, con un linguaggio a effetto sentimenti pervasivi: s’è appropriato della città, l’ha domata immediatamente, tirandola fuori da quel clima avvelenato ereditato da un biennio malinconico, l’ha trascinata in Champions, l’ha esportata in Europa, ne ha subìto gli umori incomprensibili per un terzo posto, ha resistito alla sua stessa natura, umanissima, che segna una differenza con il passato. E’ comunque rimasto se stesso, senza mai abdicare ai principi ed evitando di essere prigioniero della ipocrisia: è piaciuto, pure quando gli misero uno striscione provocatorio contro, nell’ironia infilò la propria personalità, una faccia da tenerone irriducibile, una traccia consistente di autorevolezza. Spalletti è stato per Napoli un po’ Ottavio Bianchi, ha scelto l’isolamento andandosene un bel giorno a Castel Volturno e sistemando lì la propria residenza: «Ho sempre detto che avrei dato tutto per lei, per questa maglia, e quindi ho ritenuto giusto fare così, svegliarmi qua, restare qua, studiare qua, aspettare qua i miei ragazzi, splendidi. Ho saputo sin da quando sono arrivato di avere una squadra di purosangue, li studiavo da qualche mese, perché a gennaio del 2021 De Laurentiis mi aveva chiamato e c’era dunque la impossibilità che lo facesse di nuovo. Io del Napoli mi sono innamorato a prima vista, poi l’estate scorsa qualcosa è cambiato, qualcuno è andato via: non dimentico i Koulibaly e gli Insigne, i Mertens e i Fabian Ruiz e gli Ospina, uomini che ci hanno aiutato a portare addosso il peso di questa maglia». In questa nottata che appartiene per intero a Luciano Spalletti, è sua perché l’ha ricostruita insieme a De Laurentiis e Giuntoli quando invece sembrava non ci fosse un domani, c’è racchiusa una carriera piena di tante cose, d’un football sciccoso, elegante, surreale che è stato spalmato nel biennio e che però adesso, stavolta, può sfilare sul red carpet del calcio: uno scudetto è per sempre".