Il fallimento all'Europeo e ora il Mondiale a rischio: sono state queste le tappe da Ct per Luciano Spalletti dopo l'addio al Napoli. La scelta, alla fine, è stata giusta? C'è un detto antico (che non sbaglia mai): vedi Napoli e poi muori. Il tecnico del terzo scudetto, però, non è stato l'unico a patire dopo l'addio al Vesuvio. Ad oggi possiamo dire che Antonio Conte, dopo un lungo tira e molla, ha capito che restare era la scelta migliore.
editoriali
Vedi Napoli e poi muori: Conte l’ha capito, Spalletti e gli altri no
Vedi Napoli e poi muori: Conte l'ha capito, Spalletti e gli altri no
—Dunque, l'avventura di Spalletti in Nazionale è arrivata al capolinea dopo risultati deludenti. Eppure, era iniziata con tanto entusiasmo, tanto da intraprendere una battaglia legale col Napoli e con De Laurentiis. Ha pure lavorato su se stesso per scrollarsi di dosso la napoletanità di cui ormai era intriso: doveva apparire super partes da Ct. Talmente super partes che non ha fatto nessun complimento al Napoli per il quarto scudetto: abbiamo dovuto aspettare una domanda di un giornalista in conferenza. Insomma, Luciano ci credeva ma forse era l'unico. Quanto è stato scelto alla guida dell'Italia, Spalletti era l'allenatore del momento. Una scelta giusta da parte della FIGC che, però, non ha tenuto conto di un piccolo particolare: fare il CT è totalmente diverso dal lavoro di un allenatore di un club. Spalletti è sempre stato un giochista, uno che ha bisogno di avere il contatto coi calciatori ogni giorno. Questo può essere uno dei motivi del fallimento, un errore a monte. Ma l'errore più grave l'ha commesso proprio Luciano lasciando Napoli e non continuano un progetto che, ad oggi col quarto scudetto, si è rivelato vincente. Il Napoli ha passato un anno nel purgatorio di metà classifica e fuori dall'Europa: una stagione che sembrava dare ragione a Spalletti nella sua scelta, ma che invece è stata figlia di quella sua scelta. Se fosse rimasto la storia sarebbe stata ancora migliore di quella di oggi, forse. E sì perché lo scudetto vinto da Conte è totalmente diverso da quello di Luciano che, nella lotta punto a punto, ha storicamente sempre perso. Ma la storia non si fa coi se (e soprattutto la scrivono i vincenti, come ha detto Conte).
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—Tornando agli addii, quello di Spalletti non è stato l'unico. Il detto "vedi Napoli e poi muori" è stato profetico per molti tecnici. Da Mazzarri che scelse l'Inter e finì esonerato, da Benitez che andò al Real e durò sei mesi, ad Ancelotti che dopo la rottura col Napoli, prima di tornare vincente, finì a giocarsi la metà classifica con l'Everton, finendo con Sarri, che vinse due trofei ma venne maltrattato da Juve e Chelsea, e con Gattuso che ormai allena solo squadre esotiche. Insomma, abbiamo semplificato con un elenco un discorso lungo e complesso che vuole sottolineare come lasciare Napoli a cuor leggero non sia una scelta saggia. Eppure, tutti questi personaggi hanno giustificato l'addio con le difficoltà nel lavorare con De Laurentiis: certo, il presidente è vulcanico e anche particolare, ma è il numero uno degli imprenditori del calcio italiano e sta scalando le gerarchie anche in Europa. Ecco, qui sta l'intelligenza di Conte che ha scelto di restare credendo in un progetto già vincente ma che in futuro può fare qualcosa di storico. Antonio sa che si avvicina l'anno del centenario del Napoli e che ADL vuole far diventare quell'annata un colossal. Investimenti sulla squadra e le strutture per coccolare il sogno Champions: difficile realizzarlo, ma nulla è impossibile col lavoro e la programmazione. Ecco che tutto ciò spiega la poca lungimiranza di Spalletti e compagni: davvero ne è valsa la pena? Ma assolutamente no: vedi Napoli e poi muori, e per loro sarà difficile ora risorgere dalle ceneri.
A cura di Giovanni Frezzetti
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