Moise Kean bambino del giorno. Un po’ per l’ennesimo gol juventino, molto per i buu che s’è beccato a Cagliari dopo il gol decisivo. I buu che hanno diviso più che il popolo del calcio la platea dei moralisti, perbenisti e fancazzisti: provocatore o offeso, il ragazzo? Votate. Votate. Votate. Lo scrutatore obiettivo trova che alla fine si tratti di un confronto di stupidità sottolineato da Bonucci, esibitosi in un unicuique suum tipo papa Francesco; quello meno papale - come me - vorrebbe che non fosse tirata in ballo la provocazione - ma quale provocazione? - sennò ci ritroveremmo in quei vecchi tribunali dove veniva scagionato il violentatore “perché Lei - provocatrice! - aveva le zinne e le chiappe al vento”. E aggiungo: si tratta anche di insegnare ai giovani talenti, bianchi o colorati, un po’ di educazione professionale. Soprattutto se hanno il padre che si tuffa nel piatto mentre Moise dice che preferisce la mamma. Quello che i detrattori di Icardi sostengono è che Maurito sia un pupone in mano alla strega: e del diciannovenne Moise che non ha la Wanda a incattivirlo, cosa dobbiamo dire se non che gli serve un maestro di buone maniere calcistiche? Senza montare l’ennesima campagna antirazzista contro un razzismo che non c’è evocato dai soliti disfattisti che prendono compiaciuti lezioni da Juncker. In fondo, sarebbe bastato che l’arbitro Giacomelli fischiasse una mini-sospensione del match e tutto sarebbe finito lì. Fermando i buu e consentendo a Allegri di dare una lezione a Kean attraverso una storia: “C’era una volta Balotelli…”
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Non creiamo un altro mostro
Moise Kean bambino del giorno. Un po’ per l’ennesimo gol juventino, molto per i buu che s’è beccato a Cagliari dopo il gol decisivo. I buu che hanno diviso più che il popolo del calcio la platea dei moralisti,...
Era il 2010, si giocava Cagliari-Inter, a un certo punto l’arbitro Paolo Tagliavento fermò la partita perché molti tifosi del Cagliari facevano buu a Eto’o. E la riprese dopo il silenzio d’ordinanza. La storia piacque ai media, così decidemmo di suggerirla come articolo di cronaca all’esame dell’Ordine dei Giornalisti. Piacque anche ai candidati e leggemmo molti “pezzi” scritti bene, talvolta con un po’ di comprensibile retorica. Tagliavento fu applaudito, si prese il Premio Mauro, nel nome di un antico arbitro che oggi seguirebbe inorridito gli eventi arbitrali. Io per questo lo ricordo, più che per il quasi gol di Muntari o il “mitra” di Mourinho, come fa wikipedia che tratta il calcio coi piedi. Naturalmente. Mi divertì la reazione di Eto’o, il gran signore compiaciuto e divertito, l’uomo senza complessi, anzi, uno ne aveva: si sentiva molto superiore all’Uomo Bianco e tutto sommato non gli era dispiaciuto essere al centro dell’attenzione mediatica, senza lamenti com’era invece successo a un altro giocatore, a Messina, cinque anni prima, proprio contro l’Inter: Marco André Zoro scagliò irato il pallone verso gli urlatori, Adriano lo consolò. Gli tornò il luccicante sorriso. Cose di calcio. Il razzismo è di chi ci vuole fortissimamente credere.
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