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Di Canio, 50 anni di talento e passione

Di Canio, 50 anni di talento e passione

PALERMO – Passionale, diretto, schietto, a volte troppo. In campo e fuori. Di Paolo Di Canio si può dire tutto e il contrario di tutto, giocatore di talento ma discontinuo, fumantino ma corretto, sin dagli esordi alla Lazio,...

Redazione

PALERMO - Passionale, diretto, schietto, a volte troppo. In campo e fuori. Di Paolo Di Canio si può dire tutto e il contrario di tutto, giocatore di talento ma discontinuo, fumantino ma corretto, sin dagli esordi alla Lazio, più una seconda pelle che una maglia, con quel gol ad appena vent'anni che ne fa da subito un beniamino del pubblico biancoceleste. Quando lunedì spegnerà 50 candeline, Paolo Di Canio potrà guardarsi indietro e rivivere una carriera che lo ha portato a indossare in Italia maglia prestigiose come quelle di Juve - con cui vincerà una Coppa Uefa -, Napoli, agli ordini di Marcello Lippi, e poi Milan, dove conquisterà anche uno scudetto. Esperienze dove però si afferma più come riserva di lusso che come trascinatore, caratterizzate anche da rapporti tesi con gli allenatori (Trapattoni e Capello). Ma è Oltre Manica che Di Canio costruisce la sua vera carriera.

Nell'estate '96 sbarca a Glasgow, sponda Celtic, dove gioca solo un anno ma viene premiato come miglior giocatore della stagione. Poi la Premier: allo Sheffield Wednesday diventa il beniamino dei tifosi ma la sua esperienza sarà macchiata da quella spinta all'arbitro Alcock che gli costò 11 giornate di squalifica. Un gesto dal quale si riscatterà al West Ham: è il 18 dicembre 2000, la squadra londinese è di scena a Goodison Park, sul cross di Sinclair Di Canio avrebbe la possibilità di segnare ma vede il portiere dell'Everton a terra e allora blocca la palla con le mani per fermare il gioco. Un gesto che gli vale l'ovazione del pubblico e il premio Fair Play della Fifa oltre all'ammirazione e alla stima del football inglese e non solo.

Di Canio, che lascerà la Premier nel 2004, si affermerà come uno dei calciatori più amati nel Regno Unito, anche per le sue qualità tecniche tanto che Ferguson provò anche a portarlo al Manchester United. Ma nel cuore di Paolo c'è un conto in sospeso da saldare e così torna alla Lazio, rinunciando a parecchi soldi pur di tornare a vestire la maglia biancoceleste. Ci scapperà anche un gol nel derby ma anche una squalifica per quel saluto romano rivolto ai suoi tifosi durante una partita con la Juve.

E qui entra in gioco l'altro Di Canio, quello che non ha mai fatto mistero delle sue simpatie politiche, il giocatore che qualche anno prima, al Charlton, celebrò un gol mostrando una maglia in onore di Fabrizio Quattrocchi, la guardia del corpo rapita e poi uccisa in Iraq. Le sue affermazioni a favore del fascismo, poi nel tempo affievolite, gli hanno causato altre grane, come quando, intrapresa la carriera di allenatore, viene chiamato dal Sunderland in lotta per non retrocedere: David Miliband, vicepresidente del club, si dimette in aperta protesta contro la nomina di Di Canio. Che però in panchina, dopo quanto di buono fatto vedere allo Swindon Town che porta in League One, dimostra di saperci fare conquistando la salvezza e diventando un idolo dei Black Cats grazie alla vittoria nel derby col Newcastle che Di Canio festeggia sotto la curva.

Nella stagione successiva l'esonero e una nuova carriera da commentatore in cui mostra tutta la sua competenza, tutto il suo amore per il pallone anche se non mancheranno altri guai (sospeso da Sky perche' in un'immagine si era visto il tatuaggio "Dux" sul braccio). Ma Paolo Di Canio è anche questo, prendere o lasciare. Cinquant'anni di talento e passione, senza guardare in faccia nessuno. (in collaborazione con Italpress) Corriere dello Sport.